Il mio approccio
Analisi Transazionale

L’approccio che guida il mio lavoro è quello analitico transazionale. Dalle prime teorizzazioni di Eric Berne, che risalgono ai primi anni ’50, sino agli sviluppi più recenti di Pio Scilligo che amplia l’Analisi Transazionale a un modello socio cognitivo.
ANALISI TRANSAZIONALE classica
L’Analisi Transazionale è per definizione una teoria dei processi interpersonali, grazie ad essa possiamo analizzare le transazioni e i giochi che si manifestano quando due o più persone interagiscono tra loro.
Secondo Berne la transazione è l’unità fondamentale del discorso sociale. La comunicazione è formata da una catena di transazioni in cui la risposta di uno diviene lo stimolo per l’altro e, servendosi del modello degli Stati dell’Io, spiegò cosa avviene durante il processo di comunicazione.
I principi fondamentali dell'AT tendono alla crescita e al cambiamento.
Il cambiamento è da inquadrare nel concetto più ampio di decisione: a partire dalle prime scelte che noi compiamo sul mondo e sui noi stessi e che riproponiamo in età adulta in situazioni in cui si avverte difficoltà e crisi, sino a giungere a nuove decisioni per agire diversamente e procedere a farlo.
In questo senso ci si muove verso l’autonomia e l’intervento terapeutico sarà teso a far recuperare alla persona la propria capacità di essere consapevole, spontaneo ed intimo. Perciò la persona diverrà consapevole della sua decisione di essere in contatto con il presente senza filtrarlo attraverso le esperienze passate, spontanea nello scegliere liberamente tra una gamma di possibilità ciò che è meglio per sé, tenendo conto di ciò che pensa, sente e fa, intima nel creare legami e divenendo capace di dare e ricevere affetto.
Non tutte le persone sono disposte o sentono la necessità di raggiungere un vero proprio cambiamento rispetto alla propria vita (Maxin Loomis), per questo motivo viene definito in un contratto bilaterale tra terapeuta e cliente il livello di cambiamento a cui la persona aspira e su quale area della sua vita vuole concentrarsi. In questo senso il lavoro diviene più fluido e collaborativo e si ha la percezione di andare insieme verso la stessa meta.
Principi filosofici
L’analisi Transazionale è fondata su tre principi filosofici riguardo all’uomo, alla vita e agli obiettivi di cambiamento e che esprimono la libertà e la responsabilità di ciascun individuo.
Da questi assunti seguono due principi fondamentali della pratica AT: il metodo contrattuale e la comunicazione aperta.
Ognuno è ok. È questo il primo concetto chiave esprimente l’accettazione di se stessi e dell’altro. Dà il senso che tutte le persone abbiano valore e dignità. E in particolare nel contesto terapeutico, che vi sia un reciproco ruolo di apertura e collaborazione che va nella direzione di una chiara definizione del contratto per lavorare verso il cambiamento.
Ognuno ha la capacità di pensare e di autodeterminarsi. Questo secondo principio va ad esprimere la capacità di crescita di ciascuno di noi a prescindere dal tipo di esperienza di vita vissuta, che sia positiva o negativa. In sintesi si afferma la responsabilità di ognuno nel decidere decide ciò che vuole per sé.
Ognuno decide il proprio destino, e queste decisioni possono essere cambiate. Si sottolinea ancora una volta la responsabilità che la persona ha rispetto alle decisioni della propria vita. Essa può decidere cosa provare, come agire, se adeguarsi alle pressioni e alle richieste esterne e se cambiare e rendersi autonoma nelle risposte comportamentali o/e emotive.
ANALISI TRANSAZIONALE SOCIO-COGNITIVA
Uno sviluppo recente dell’Analisi Transazionale è il modello Socio Cognitivo di Pio Scilligo (1998), che colloca in un contesto scientifico più ampio, i concetti classici di Berne sulla teoria degli Stati dell’Io, in riferimento al modello SASB di Lorna Smith Benjamin, alla teoria dell’attaccamento di Bowlby, delle relazioni oggettuali di Stern e ai concetti cognitivisti e connessionisti riguardanti gli schemi di Horowitz.
Scilligo definisce gli Stati dell’Io in termini di dimensioni dei processi evoluzionistici dell’esistenza, sopravvivenza e mantenimento della specie e dei tre processi di base, secondo le teorizzazioni di Millon (1996) sulla personalità umana, nel percepire il dolore e il piacere per esistere (dimensione dolore piacere), reagire in modo attivo e passivo al cambiare dell’ambiente per la sopravvivenza (dimensione passivo attivo) e provvedere alla continuità della specie attraverso l’interdipendenza relazionale (dimensione relazionale). Per la quarta dimensione evolutiva considera i processi graduali di maturazione biologica e psicologica dell’individuo, dalla nascita alla conclusione del suo percorso di vita.
Rappresentando graficamente le due dimensioni dolore-piacere e passivo-attivo, si individuano quattro tipi di azioni che l’adulto e il bambino adottano nella vita quotidiana come approccio di piacevole avvicinamento per le situazioni piacevoli o di fuga ed evitamento per le situazioni dolorose, avendo la scelta di attivarsi o di passivizzarsi. La dimensione relazionale si esprime dando o togliendo potere all’altro o a sè nell’interazione, secondo un’affettività di amore o odio. La persona che inizia l’interazione (Proponente) può emancipare l’altro, dando potere, o può controllarlo, togliendo potere, in modo amorevole o ostile. La persona che risponde (Rispondente) può affermarsi, dandosi potere, o può sottomettersi, togliendosi potere ancora in modo amorevole o ostile.
L’ATSC ritiene che a qualsiasi età, ci si protegge utilizzando le proprie risorse a disposizione e in vista dei contesti nei quali ci si trova. Quando la persona attiva le protezioni assertive usa le proprie risorse e agisce secondo gli Stati dell’Io evolutivi del primo e secondo quadrante Libero e Ribelle; quando usa le protezioni difensive agisce in modo passivo, adottando i processi degli Stati dell’Io del terzo e quarto quadrante Critico e Protettivo, attivabili a livello inconscio o conscio. I giochi, ad esempio, così come definiti da Berne, possono essere inseriti all'interno di questa prospettiva ed essere visti come strategie protettive attive e passive, limitanti nel momento in cui l’uso diviene rigido, indiscriminato e pervasivo, mentre, se inquadrati in termini di flessibilità, divengono una strategia di sopravvivenza vincente in un contesto sociale vissuto come pericoloso, imprevedibile e mascherato.